venerdì 31 marzo 2017

Soñando con Frida Kahlo


Nell'articolo "Soñadoras" scritto da Mariuccia Casadio per l'edizione di Marzo di Vogue Italia (pag. 129) si parla di come il Messico di Frida Kahlo abbia attratto le surrealiste europee a partire dagli anni trenta e come questa donna rappresenti la prematura emancipazione (in alcuni ambiti) del genere femminile.

È così che ho iniziato a pensare che Frida Kahlo per me è sempre stata (da quando ho saputo chi fosse) una contraddizione. Piena di talento e forza di volontà ma allo stesso tempo piena di dipendenza e solitudine.

Le sue opere parlano da sole, ci fanno sentire l'amore, la forza, il dolore, il buio, ci fanno sentire un mondo pieno di pericoli ma a quanto pare il mondo di Frida era di più, un qualcosa che ognuno capisce a modo suo. Frida ci ha dato gli strumenti per guardarci dentro da soli attraverso le sue opere.

"La mia pittura porta con sé il messaggio di dolore".
Ciò che ho visto nell'acqua e ciò che l'acqua mi ha dato (1938)
Ospedale Henry Ford / Il letto volante (1932)
"Dipingo autoritratti perché spesso sono da sola e perché io sono la persona che conosco meglio". 
Diego e io (1949)
"Spero che la fine sia gioiosa e spero di non tornare mai più". 
Molti parlano di Frida come un'eroina degna d'ammirazione, altri invece sostengono che sia proprio il contrario di come viene descritta nei libri ma secondo me Frida è quella donna che all'età di diciotto anni si è spezzata la colonna vertebrale a causa di un incidente e costretta ad anni di riposo nel letto di casa col busto ingessato, è quella donna che ha perso un figlio a causa di un aborto spontaneo dovuto all'inadeguatezza del suo fisico e che ha dovuto convivere con un amore pazzo e doloroso, l'amputazione della gamba destra e l'embolia polmonare che a 47 anni l'ha portata alla morte, questa è Frida.


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